Castello della Motta
L’ubicazione dei resti del castello della Motta è di indubbio fascino; immersi in una fitta boscaglia, i ruderi sono disposti sulla cima dell’estremità sud-ovest di un crinale, presso la confluenza di due corsi d¹acqua: il torrente Torre, che lo lambisce ad ovest e il rio Motta, oggi quasi asciutto, posto sul fondo di una stretta valletta sul versante orientale. I resti del castello, che nel punto più alto raggiungono quota 222 m, distano circa 1.5 km dall¹abitato di Savorgnano del Torre, posto a sud del castello (in comune di Povoletto), e 12 km dalla città di Udine. Attualmente il sito castellano è raggiungibile a piedi, con una certa difficoltà , sia da sud-ovest, attraverso un breve ma stretto sentiero, sia da nord-est, lungo un percorso di crinale che, con molta probabilità , corrispondeva all’antico accesso al sito (fig. 1 e 2). L’origine dell’insediamento, alla luce dei più recenti dati, viene fatta risalire al VII-inizio VIII secolo. Nel X secolo, la fortificazione è proprietà di un ecclesiastico (il prete Pietro); lo attesta il diploma di Berengario I (25 marzo 922) nel quale, per la prima volta, è citata la località (il castrum Saborniano).
Non si conoscono i dettagli del processo di infeudazione del castello alla famiglia dei nobili di Savorgnano. La loro presenza non è documentata con sicurezza prima del 1257, anno in cui è citato Rodolfo di Savorgnano, figlio di un Rodolfo (senior) e fratello di Corrado (quest’ultimo nominato nel 1265 in un’investitura del patriarca Gregorio di Montelongo). Rodolfo, definito “tenace ghibellino” si schiera con il conte di Gorizia, contro il patriarca. Ciò implica, subito dopo la metà del XIII secolo, la perdita di diritti sul feudo. Ma le notizie documentarie a questo punto si rarefanno e le opinioni degli storici divergono. Alcuni sostengono che i Savorgnano discendenti da Rodolfo (senior) vengano sostituiti da nuovi feudatari, il cui capostipite è identificato con Federico di Colmalisio. Altri storici ipotizzano che i discendenti di Federico abbiano una relazione di parentela con il ceppo dei vecchi Savorgnano e si insedino nel castello insieme ai primi. Il castello è rimasto nelle mani di questa famiglia nobile, fra le più ricche e potenti del panorama feudale friulano, fino al suo definitivo abbandono avvenuto nel corso del XV secolo.
Fig. 1 – Foto aerea del colle castellano con i resti del fortilizio.
Fig. 2 – Rilievo planialtimetrico del sito del castello (la zona più scura – A)
GLI SCAVI
Nel 1996 ha preso forma il ‘progetto di recupero e valorizzazione del castello della Motta’, frutto di una proficua collaborazione fra Università degli Studi di Udine e Amministrazione comunale di Povoletto (fig. 3). Le azioni che caratterizzano il progetto mirano ai seguenti obiettivi: – approfondire le conoscenze storico-archeologiche di un insediamento fortificato del Friuli e del suo territorio; – ottimizzare un cantiere-scuola (soprattutto per studenti di università con insegnamenti legati all’archeologia); – recuperare, tramite consolidamento murario ed eventualmente piccoli interventi integrativi, le strutture murarie e le superfici del sito; – diffondere sia al mondo scientifico sia al più vasto pubblico i risultati degli studi e delle ricerche.
L’evidenza più antica sino ad ora venuta alla luce nel castello della Motta, è stata attribuita ad una sequenza di fasi di costruzione, vita e distruzione di un edificio che apparteneva ad un insediamento fortificato: una casa-torre di fine VII-inizio VIII secolo (periodo A) (fig. 4 e 5). La cronologia è dedotta dalla datazione di frammenti ceramici rinvenuti al suo interno, sotto uno strato di crollo relativo alla sua distruzione (anno 678 ± 90 anni). Anche tenendo conto del termine cronologico più recente (anno 768), si tratta di una datazione ben anteriore al documento dell’anno 922, in cui il castello è citato per la prima volta.
L’edificazione della torre di periodo B (prima metà XI- fine XIII sec.), sostanzialmente riproposta nel medesimo luogo della precedente ma con maggiori dimensioni, denuncia la volontà di una ristrutturazione dell’edificato e la determinazione, da parte di una nuova committenza nobiliare, di fornire al luogo una più peculiare immagine del potere. Nel periodo C (fine XIII-inizio XV sec.), la torre mastio di XI secolo viene trasformata in mastio con forma planimetrica poligonale. L’insediamento fortificato, in quest’epoca, ha ormai assunto una ‘forma compiuta’, soggetta comunque a un dinamismo costruttivo che ne determina continue trasformazioni interne. L’insediamento è distinto in almeno due zone differenziate: la sommitale, con edifici di proprietà signorile, e il ‘borgo’. La documentazione d’archivio, per quanto scarna, e i dati di scavo offrono l’immagine di un luogo densamente edificato, dalla fine del XIII secolo ormai nelle mani dei discendenti di Federico di Colmalisio, i quali hanno sostituito la precedente nobiltà feudale. Già nei primissimi anni del ‘400 si lamenta il cattivo stato di conservazione di parte dell’insediamento e la notazione trova riscontro nell’evidenza archeologica di periodo D.
Fig. 4 – Sviluppo planimetrico della torre mastio e degli edifici annessi (dal VII al XV secolo)
Fig. 5 – Particolare dello scavo all’interno della casa-torre altomedievale
GLI OGGETTI
La ricerca nel castello della Motta si distingue anche per lo studio di eterogenee classi funzionali di reperti, soprattutto di quelle appartenenti a periodi avari di notizie documentarie come il XII e il XIII secolo (in alcuni casi, per quanto se ne sa, si tratta di veri e propri ‘unicum’). I reperti mobili provenienti dagli scavi eseguiti sino al 2001 ammontano complessivamente a 13.938 unità . Essi ci offrono uno ‘spaccato’ della vita quotidiana in un castello friulano. L’ analisi dei manufatti di ceramica grezza e di ceramica rivestita ha fornito una serie di dati importanti sia per la ricostruzione della storia del castello della Motta sia per quanto riguarda l’evoluzione di queste classi ceramiche.
I reperti di metallo rappresentano il 15.25% del totale (2.126 fra pezzi integri e frammenti), di cui buona parte in ferro; vi sono anche oggetti in lega di rame e in leghe più pregiate. Questo tipo di manufatti offre l’opportunità per avviare una ricerca, per altro lunga e complessa, su classi funzionali raramente presenti negli scavi archeologici del basso medioevo italiano, come ad esempio le stoviglie (fig. 6), peculiari tipi di fibbie (fig. 7) e, soprattutto, esemplari di armi e di armamento difensivo (fig. 8).
Bibliografia
L. CARGNELUTTI et alii, I Savorgnan e la Patria del Friuli dal XIII al XVIII secolo, catalogo della mostra, 1984, Udine.
COMUNE DI POVOLETTO 1989 – Savorgnano e il Castello della Motta. Appunti – rilievi – immagini, n. u. del Centro Friulano di Studi ³Ippolito Nievo², Feletto U. (UD), 1989.
F. PIUZZI, Su tre fibbie basso medievali dal Castello della Motta di Savorgnano (Povoletto – UD), in «Archeologia Medievale», XXV, 1998, pp. 281-286.
F. PIUZZI, Ricerche archeologiche nel castello della Motta (Povoletto – UD). Anni 1997-98-99, in «Forum Iulii», XXIII, 1999, pp. 59-66.
F. PIUZZI (a cura di), Progetto Castello della Motta di Savorgnano – 1. Ricerche di Archeologia medievale nel Nord-Est italiano. Indagini 1997-’99, 2001-’02, «Ricerche di Archeologia Altomedievale e Medievale», 28, Firenze, 2003.
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Pagina aggiornata il 24/09/2024